Come vi abbiamo già detto negli articoli scorsi, Milano possiede dei luoghi nascosti, che non tutti conoscono.
Delle chicche davvero curiose che rendono la città meneghina degna di essere esplorata.
È il caso del sacello della chiesa di Santa Maria alla Fontana.
Intorno a questo luogo aleggia una leggenda.
Nei tempi antichi sotto questo santuario sgorgava una fonte che confluiva le sue acque in una vasca posta davanti al Santuario. Si pensava che l’acqua avesse proprietà taumaturgiche, ossia che avesse dei poteri miracolosi e che potesse guarire il male.
Sembra che lo stesso Carlo II d’Amboise, governatore di Milano, nel 1507 guarì da una brutta malattia dopo averne bevuto l’acqua e volle erigere la chiesa vista la benedizione ricevuta.
La storia della nascita del Santuario in realtà vanta diverse versioni, quella di Carlo II d’Amboise, così come la vicenda di 3 bambini strappati alla morte grazie alla fonte taumaturgica. Resta ancora un mistero.
Dalla pietra medievale restano oggi undici “rubinetti” da cui sgorga ancora dell’acqua che si può bere. Non possiamo affermare che sia davvero salvifica. Per chi vuole sapere la realtà dei fatti vi sveliamo che ora l’acqua che esce proviene dagli acquedotti della città di Milano.
Ma credere che sia ancora come una volta non costa nulla no? E da un pizzico di stupore alla vita.
Gli interni della cappella
Ma ciò che rende questo posto davvero magico, oltre alla leggenda dell’acqua miracolosa, è la decorazione interna con i suoi bellissimi affreschi. Il sacello è interamente dipinto regalando a chi entra un’esperienza immersiva straordinaria per gli occhi e per il cuore.
Sembra che essi appartengano alla bottega del pittore “leonardesco” Bernardino Luini, attivo a Milano nel ‘500. I dipinti presentano una naturalezza e un colore che denotano una profonda sensibilità e maestria da parte dell’artista.
Ciò che traspare è un gusto naturalistico sia per quanto riguarda le ambientazioni paesaggistiche che l’espressività dei personaggi.
Merita menzione anche il chiostro su cui si affaccia il sacello. Inizialmente si pensava eseguito dal Bramante, molto attivo a Milano in quel periodo per le somiglianze con il suo stile architettonico classico e la raffinatezza decorativa.
In realtà, nel 1982 si scoprì che il progetto fu affidato all’architetto Giovanni Antonio Amedeo, smentendo così la versione del chiostro bramantesco.